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LUOGO E TEMPO DELLA PRESTAZIONE

Luogo della prestazione: Il luogo delimita lo spazio fisico nel cui ambito deve svolgersi la prestazione. Inoltre, la prestazione deve svolgersi in locali e luoghi che rientrano nella disponibilità del datore di lavoro. Normalmente il lavoratore opererà all'interno di una fabbrica o di un ufficio, ma potrà accadere che adempia alla prestazione in modo itinerante. Intorno alla questione della modificazione del luogo della prestazione si contrappongono gli interessi delle 2 parti del rapporto e spetta al diritto del lavoro rinvenire un necessario punto di equilibrio. Prima dell'entrata in vigore del testo dell'art 2103 c.c., come modificato dall'art 13 dello statuto dei lavoratori, era oggetto di discussione sia l'esistenza, in capo al datore, di un potere di modifica del luogo della prestazione sia il suo stesso fondamento. Il punto di partenza del discorso era costituito dall'art 1182 1° comma c.c., questa norma,

ai fini della determinazione del luogo nel quale deve essere eseguita la prestazione, elabora la regola secondo cui occorre far capo alle previsioni del contratto, agli usi o agli elementi desumibili dalla specifica natura della prestazione. La situazione muta con l'entrata in vigore dello statuto dei lavoratori, sia in ragione del disegno complessivo di limitazione dei poteri unilaterali del datore, sia per le disposizioni limitative del potere di trasferire.

Trasferimento del lavoratore: il lavoratore non può essere trasferito da una meta produttiva ad un'altra se non per comprovate ragioni tecniche, organizzative, produttive. Art 2103, ultimo comma. Si tratta di trasferimento in senso geografico, è possibile? Si, ma il datore di lavoro ha l'obbligo di motivare questa sua decisione. La legge dice che le ragioni sono quelle tecniche, produttive e organizzative. Il datore di lavoro ha l'obbligo di motivare la propria decisione, siamo di fronte ad un

Il potere unilaterale del datore di lavoro è quello di variare il luogo della prestazione. Quindi non c'è il consenso del lavoratore. Così come tutto il 2103 sono espressione dello ius variandi in senso generale. È un potere di variare il contenuto della prestazione con riferimento alle mansioni o al luogo della prestazione. Non c'è il consenso del lavoratore né nell'uno né nell'altro. Il datore deve motivare, ossia deve dare al nostro lavoratore specifiche motivazioni delle ragioni oggettive che hanno determinato questa decisione. Occorre che nella sede di destinazione, dove il lavoratore viene trasferito, vi sia una carenza di organico. Il 2103 non si occupa della forma del trasferimento, non parla del preavviso del trasferimento. La contrattazione collettiva si è fatta carico di dare una forma a questa disciplina, prevedendo che il trasferimento vada comunicato per iscritto, che al lavoratore sia dato un preavviso.

La contrattazione collettiva si fa quasi sempre carico di prevedere disposizioni che consentono al lavoratore di beneficiare di un'indennità perché cambierà la sua vita. Questo ragionamento deve fare riferimento a 2 contratti collettivi importanti: attività ferroviarie e bancarie. Vi sono contratti collettivi che prevedono introducendo una disciplina di miglior favore rispetto a quella legale che se il trasferimento riguarda un lavoratore che ha raggiunto un certo limite di età occorre un consenso del lavoratore, se manca il consenso il trasferimento non avviene. Oggi come ieri il 2103 l'ultimo comma prevede che salvo (guardare). È nullo ogni patto contrario a meno che non si tratti di un demansionamento unilaterale o che si tratti di un demansionamento previsto dal contratto collettivo, a meno che non si tratti di un accordo 6° comma 2103 ossia interesse alla salvaguardia e occupazione. La regola generale è che il 2103 fulmina di.nullità ogni patto contrario. Il trasferimento collettivo implica lo spostamento di una pluralità di lavoratori da una sede all'altra dell'impresa e la vicenda che conduce ad un trasferimento collettivo investe normalmente problematiche più ampie legate la sopravvivenza stessa dell'impresa. Il trasferimento si distingue dalla trasferta che è invece un spostamento temporaneo del luogo di adempimento della prestazione. Un'ipotesi particolare di trasferta è quella che comporta l'esecuzione della prestazione lavorativa all'estero per un periodo determinato. Tempo di lavoro: Il tempo costituisce la misura dell'impegno del lavoratore ed anche della controprestazione retributiva. Il tempo rileva anche come variabile interna alla prestazione avendo riguardo ai ritmi dell'attività produttiva che possono essere più o meno intensi e sono governati dal potere direttivo del datore di lavoro. Il tempo scandiscelavoro giornaliero di almeno 11 ore consecutive. Nel corso del Novecento, con ilprogressivo sviluppo del welfare state, sono state introdotte ulteriori norme che hannogarantito ai lavoratori un maggior equilibrio tra lavoro e vita privata. Ad esempio, nel1970 è stata introdotta la legge sul riposo settimanale, che prevede un giorno di riposofisso per tutti i lavoratori dipendenti. Inoltre, nel corso degli anni sono state introdottele norme sulle ferie annuali retribuite, sul congedo di maternità e paternità, sul congedodi malattia e sulle pause durante la giornata lavorativa. Tuttavia, nonostante queste norme,il tema dell'equilibrio tra lavoro e vita privata rimane ancora oggi oggetto di dibattito e diinterventi normativi.

24 ore consecutive per ogni settimana di lavoro. Fu solo con il rdl 15 Marzo 1923n. 692 che la questione fu avviata a soluzione con la fissazione dell'orario massimo giornaliero di 8 ore e settimanale di 48 ore. L'entrata in vigore del codice civile non ha apportato novità sostanziali. L'art 2107 si limita a rinviare alle leggi speciali la determinazione della durata massima della prestazione giornaliera e settimanale e l'art 2108 detta in materia di lavoro straordinario e notturno regole già interne al sistema. La questione della limitazione o ridefinizione del tempo di lavoro si pone oggi in una duplice contradditoria prospettiva. Da una parte vi è la spinta ad una riduzione o rimodulazione dell'orario per lasciare spazio al tempo liberato, cioè alla cura degli interessi extra lavorativi. In questa dimensione si chiede di distribuire in modo diverso il tempo di lavoro rispetto al tempo di vita. Dall'altra vi è la

Richiesta di una riduzione dell'orario di lavoro allo scopo di favorire la creazione di nuovi posti di lavoro per combattere la disoccupazione. Vi è infine le esigenze delle imprese di maggiore flessibilizzazione dell'orario di lavoro allo scopo di attenuare le discontinuità produttive. Alle prospettive di riduzione dell'orario di lavoro nonché di modulazione e flessibilizzazione rispondeva la previsione dell'art 13 della legge 196 dal 1997. La norma introduceva e faceva divenire stabile l'incentivazione di forme flessibili di distribuzione dell'orario. La strategia faceva perno su misure di riduzione o rimodulazione delle aliquote contributive per fasce d'orario rispettivamente fino a 24, oltre 24 e fino a 32, oltre 32 e fino a 36, oltre 36 e fino a 40 ore settimanali Da definire attraverso decreto interministeriale. In sostanza il datore di lavoro che avesse concordato contrattualmente una riduzione di orario avrebbe avuto diritto

aduna riduzione del costo dei contributi previdenziali proporzionale alla riduzione diorario. Con il decreto legislativo 8 Aprile 2003 n. 66 è stata data attuazione alladirettiva. La nuova disciplina si applica a tutti i settori di attività pubblici e privati conl'eccezione della gente di mare, del personale di volo nell'aviazione civile e deilavoratori mobili e al personale della scuola. La medesima si applica agli apprendistimaggiorenni.

Orario di lavoro: parliamo di un argomento che un grande peso nello studio deldiritto del lavoro perché quando noi facciamo riferimento all'orario di lavoro facciamoriferimento ad uno dei temi originari della materia. Una delle questioni che si poseaccanto a quella della determinazione di quale debba essere il trattamentoretributivo, l'altra grande questione era quella dell'orario. Quali sono i limiti all'orariodi lavoro dei dipendenti? A differenza del tema della retribuzione dove

c'è l'esigenza di protezione del lavoratore, nel caso dell'orario c'è un'esigenza di protezione anche della salute del lavoratore. Quando parliamo dell'orario di lavoro viene in considerazione l'esigenza di proteggere la salute del lavoratore. Un'attività lavorativa con ritmi stressanti riflette sull'equilibrio della persona. Un orario eccessivo è tale da compromettere l'equilibrio psico-fisico della persona, ma è anche tale da annullare la vita sociale della persona. Le regolazioni introdotte dal diritto del lavoro finiscono per incidere sul modello di società dove le persone intendono riconoscersi. Il punto di origine della disciplina dell'orario è quella di assenza di regole. L'assenza di regole in tema di orario porta ad una espansione del potere del datore di lavoro ad incidere su quale debba essere l'orario perché non c'è una legge che lo disciplina.

Il datore di lavoro si rivolgerà al lavoratore dicendo che l'orario lo decide lui perché non c'è una legge che lo prevede. Nella fase originaria del diritto di lavoro l'assenza di una regola in tema di orario aveva come conseguenza una dilatazione dell'orario lavorativo. La limitazione dell'orario, la riduzione dell'orario è stata una delle prime rivendicazioni sindacali. Quando noi diciamo riduzione dell'orario facciamo riferimento ad una riduzione dell'orario a parità di retribuzione. La grande battaglia sindacale fin dall'inizio del 1800 è sempre stata la riduzione dell'orario a parità di retribuzione. Al di là del tema della riduzione è che l'orario deve avere una disciplina legale. Bisogna dire che le rivendicazioni sindacali in questo tema sono state sempre molto importanti. Qui si introduce un elemento interessante. La 1° importante limitazionedell'orario di lavoro è avvenuta con una legge del 1923, regio decreto-legge. Siamo nella fase di avvento del diritto corporativo. Si tratta di un regio decreto.
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A.A. 2020-2021
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SSD Scienze giuridiche IUS/07 Diritto del lavoro

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher margheritasassi di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto della proprietà industriale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Pisa o del prof Albi Pasqualino.